mercoledì, novembre 19, 2014

L'engagement per la Creazione di Tecnologie Trasformative

Come usare le tecnologie per renderci migliori e aumentare la nostra qualità della vita


Nella storia dell’interazione uomo-computer è possibile identificare un trend costante: rendere l’interazione con i nuovi media il più possibile simile a quella che ciascuno di noi ha all’interno di un ambiente reale. In altre parole, renderci "presenti" all'interno dell'interazione con la tecnologia.

E questo ha reso i contenuti tecnologici sempre più delle esperienze aumentandone l’impatto sulla vita quotidiana delle persone. Ma in che modo questa trasformazione può essere utile al benessere delle persone? Come riuscire ad utilizzare la dimensione esperienziale della tecnologia per promuovere la crescita personale e sociale?

A questa domanda ho cercato di rispondere nel mio keynote allo WUD Torino 2014.

L'intervento, le cui slide sono riportate sotto, identifica nella disciplina della tecnologia positiva e nel concetto di engagement gli elementi chiave per creare delle "Tecnologie Trasformative" in grado di migliorare significativamente la nostra esperienza personale.



La «Tecnologia Positiva» (TP) è una disciplina emergente, che può essere definita come [Riva et al. 2012 - Scarica l'articolo completo in PDF]:
Un approccio scientifico applicativo che usa la tecnologia per modificare le caratteristiche della nostra esperienza personale - strutturandola, aumentandola o sostituendola con ambienti sintetici - al fine di migliorare la qualità della nostra esperienza personale, e aumentare il benessere in individui, organizzazioni e società. (p. 69).
Il quadro teorico psicologico su cui poggia la Tecnologia Positiva [Botella et al. 2012 - Scarica l'articolo completo in PDF; Wiederhold e Riva 2012 - Scarica l'articolo completo in PDF] è la «Psicologia Positiva», una recente paradigma psicologico i cui fini generali sono conoscere le virtù e le capacità umane, e promuovere queste capacità per permettere ad individui, comunità e società di progredire.

Nel video sotto, Martin Seligman, autore del volume "La costruzione della felicità" racconta che cos'è la Psicologia Positiva:
Per approfondire il concetto di Tecnologia Positiva:

Come Creare Tecnologie Positive (Parte 1)
Come Creare Tecnologie Positive (Parte 2)
Tecnologia Positiva in Pratica: Il progetto Interstress
Tecnologia Positiva in Pratica: Le tecnologie emotive

Invece il concetto di "engagement" (coinvolgimento) ha il suo referente psicologico nel concetto di "esperienza ottimale" o "flow". Gli studi sul flow, concetto introdotto dallo psicologo Mihaly Czikszentmihalyi (vedi sotto il suo video in cui spiega il concetto per TED) nascono con l’obiettivo di analizzare i fattori capaci di trasformare un’esperienza momentanea in uno stato psicologico ottimale che consente di ottimizzare la performance del soggetto.



A caratterizzare l'esperienza di flow sono tre caratteristiche: l'essere un processo intuitivo caratterizzato da un elevato livello di concentrazione e di partecipazione all'attività (presenza) e dall'equilibrio fra la percezione della difficoltà della situazione e del compito (challenge) e le capacità personali (skills). A caratterizzare l'esperienza di flow è anche la sensazione d'alterazione temporale (l'orologio interno rallenta, mentre l'orologio esterno accelera) associata ad un senso di piacevolezza e soddisfazione.

Nonostante il tema sia molto popolare e utilizzato nel mondo anglosassone anche in ambito professionale/marketing (vedi per esempio il libro Good Business: Leadership, Flow, and the Making of Meanings e le slide sotto),



l'unico volume disponibile in italiano è il recente Flow, benessere e prestazione eccellente. Dai modelli teorici alle applicazioni nello sport e in azienda.

Psicologia dei Selfie. Come e perché i selfie sono diventati parte centrale della nostra vita sociale

I risultati preliminari di una ricerca realizzata in Università Cattolica in collaborazione con Fondazione IBSA 


Come e perché usiamo i selfie? Quali sono i tratti psicologici più legati all'uso di questo strumento comunicativo? Per rispondere a queste domande il Laboratorio di Interazione Comunicativa e Nuove Tecnologie (LICENT) dell'Università Cattolica ha realizzato una ricerca con Fondazione IBSA.

I risultati preliminari sono stati presentati all'interno del workshop "Mente e social media: come cambia l’individuo?", un incontro tra studiosi ed esperti internazionali dei social media per discutere l’impatto di tali tecnologie nelle nostre vite e, soprattutto, affrontare il tema se esse abbiano un ruolo, o meno, nel modificare la nostra individualità.

La ricerca, sebbene non ancora terminata, ha già ottenuto risultati preliminari interessanti presentati in dettaglio nelle slide allegate e discussi sotto.



150 partecipanti (35% maschi, 65% femmine), con età media di 32 anni, hanno completato un questionario sui dati anagrafici; uno sul loro utilizzo di social media, sull’attività del selfie e sulle motivazioni associate ad esso; il questionario Big Five Inventory per la misurazione dei tratti di personalità.

Per quanto riguarda il primo obiettivo di ricerca, è emerso che gli scopi riconosciuti all’attività del selfie sono soprattutto “far ridere e divertire gli altri” (39%), “vanità” (30%) e “raccontare un momento della propria vita” (21%). Quanto ai motivi per cui le persone si fanno i selfie, emerge che se li fanno non tanto per esprimere come sono o come si sentono (identità, aspetti interiori) bensì per raccontare agli altri con chi sono, dove sono e cosa stanno facendo (aspetti esteriori).

Rispetto al secondo obiettivo di ricerca, le donne si fanno notevolmente più selfie degli uomini, e risultano più interessate alle motivazioni interiori (“mi faccio selfie per mostrare come sono e come mi sento”). Inoltre, affermano di sperare maggiormente di ricevere commenti positivi dagli amici sui social network, e anche di temere maggiormente di ricevere commenti negativi dagli altri.

Arrivando all’ultima domanda di ricerca, sono tre gli aspetti della personalità che risultano associati all’attività del selfie:
  1. Le persone che si fanno selfie, rispetto a coloro che non se li fanno, appaiono significativamente più estroverse (ovvero più socievoli ed entusiaste, caratterizzate da elevate capacità sociali) e più coscienziose (ovvero più caute e capaci di controllarsi, con la tendenza a pianificare le proprie azioni piuttosto che ad agire di impulso). 
  2. Inoltre, essere molto estroversi si associa a un maggior utilizzo dei selfie per mostrare agli altri “come ci si sente”, mentre essere molto coscienziosi si associa al non essere particolarmente interessati ai commenti degli altri ai propri selfie, positivi o negativi che siano. 
  3. Da ultimo, il tratto del neuroticismo o instabilità emotiva (tipico di persone che tendono a provare emozioni negative come rabbia e tristezza, sovente diffidenti nei confronti degli altri) si associa significativamente all’essere particolarmente preoccupati dalla possibilità di ricevere commenti negativi.
Altre letture con cui approfondire questo argomento sono:

The Psychology of the Selfie: Why self-curated images make us feel closer to each other, and to celebrities

Scholarly Reflections on the Selfie

The Phenomenon of the Selfie

The Social Psychology of the Selfie


Nativi Digitali: Crescere ed apprendere nel mondo dei nuovi media

Look at me: Georgia researchers are studying our selfie obsession


mercoledì, gennaio 23, 2013

Nativi Digitali: Trasparenza e Intuizione nei Nuovi Media

Perché per usare efficacemente i nuovi media occorre l'intuizione, mentre per imparare ad usarli ci vuole il ragionamento


Come discusso in dettaglio nel volume di Psicologia dei Nuovi Media, Una delle teorie psicologiche più importanti ma paradossalmente meno note al grande pubblico è quella che ha permesso a Daniel Kahneman di vincere il premio Nobel nel 2002: Il nostro sistema cognitivo non è unico ma è organizzato in due sistemi separati e funzionalmente distinti:

  1. Sistema 1 (Intuizione): genera impressioni relative alle caratteristiche degli oggetti percepiti e pensati. Queste impressioni, rapide e poco costose dal punto di vista computazionale, non sono volontarie e spesso non sono immediatamente consapevoli. 
  2. Sistema 2 (Ragionamento): genera giudizi, che sono lenti, seriali, costosi dal punto di vista computazionale e sempre espliciti e intenzionali. 
Di solito quando pensiamo a qualcosa di intuitivo pensiamo a qualcosa che viene colto naturalmente e spesso in maniera piuttosto vaga. In più, tendiamo a considerare l’intuizione come qualcosa che non viene appreso ma è dato. In realtà, secondo le scienze cognitive non è assolutamente così: i processi inclusi nel Sistema 1 non solo ci consentono di gestire in maniera molto precisa compiti complessi come, per esempio, guidare un auto, ma sono per la maggior parte frutto di apprendimento.

Cerchiamo di spiegare questa affermazione, apparentemente paradossale, usando un esempio.

Supponiamo di voler mandare un SMS usando il nuovo cellulare che mi hanno appena regalato. Se l’interfaccia del nuovo cellulare corrisponde a quella del precedente – ha un tasto con la busta che consente l’accesso diretto al menu d’invio degli Sms e supporta il formato T9 (il sistema di completamento automatico delle parole) – posso pensare che cosa scrivere senza riflettere su come scriverlo (intuizione): per esempio, mentre penso al messaggio, intuitivamente premerò il tasto con la busta e dopo averlo premuto inizierò a comporre il testo.

La conoscenza che mi permette di farlo, pur essendo intuitiva, è frutto di un lungo apprendimento. È, infatti, solo grazie alla mia precedente esperienza di invio di Sms che sono in grado di guidare in maniera intuitiva – velocemente e inconsapevolmente – le dita sulla tastiera del cellulare. Non devo pensare a che cosa devo fare per comporre la frase «Sto uscendo adesso. Arrivo tra cinque minuti». Lo scrivo e basta. Senza questa competenza appresa la mia esperienza sarebbe molto diversa: per esempio, se non avessi appreso ad usare il T9 sarei costretto a cercare consapevolmente una lettera alla volta sulla tastiera del cellulare.

Infatti, quando il soggetto si trova per la prima volta ad affrontare un’azione, come mandare un Sms, il soggetto usa il ragionamento per pianificare i propri comportamenti (Kolb, 1984):
  • si parte dalla percezione dell’esperienza (esperienza concreta); 
  • si riflette su di essa e sul ruolo avuto al suo interno (osservazione riflessiva); 
  • si interpretano i dati producendo delle indicazioni che ci permettano di guidare l’esperienza verso un risultato atteso (concettualizzazione astratta); 
  • infine, si verificano tali regole attraverso una nuova esperienza (sperimentazione attiva).
 
Questo modello ci permette di concludere che l'esperienza di un nuovo medium non è sempre uguale ma è legata alla capacità di usarli o meno in maniera intutitiva:
  • se dobbiamo usare la razionalità li percepiamo come strumenti opachi che limitano l’azione 
  • se possiamo usare l'intuizione, li percepiamo invece come opportunità che siamo in grado di attuare in maniera totalmente trasparente. 
In quest'ottica un nativo digitale è una persona che è in grado di usare i nuovi media intuitivamente, visto che ha appreso ad utilizzarli fino dall'infanzia.

venerdì, gennaio 18, 2013

Qual'è l'impatto dei nuovi media e dei social media su di noi?

Scoprilo nel nuovo volume "Psicologia dei Nuovi Media. Azione, Presenza, Identità, Relazioni" pubblicato a fine dicembre dal Mulino.  

Rispondere ad una mail. Mandare un Sms. Mettere le proprie foto sul profilo di Facebook. Leggere il quotidiano sullo schermo del tablet. Ascoltare l’ultimo successo dell’estate sul lettore digitale.

Questi semplici esempi mostrano come l’interazione con i «nuovi media» sia diventata oggi una parte centrale della nostra esperienza quotidiana, sia individuale che sociale.

Ma perché i nuovi media sono così importanti? Perché le persone passano giornate intere a scambiarsi SMS o a consultare la bacheca del proprio profilo sul Social Network? 

Questo è il tema del volume  "Psicologia dei Nuovi Media. Azione, Presenza, Identità, Relazioni" pubblicato a fine dicembre dal Mulino.

In particolare il principale obiettivo del volume è quello di delineare una nuova prospettiva teorica – la teoria dell’Inter-Azione Situata – che, pur privilegiando gli aspetti pratici e applicativi, sappia collocare i nuovi media all’interno di un quadro teorico più ampio e legato alla totalità dell’esperienza umana.



Per raggiungere questo obiettivo, oltre ad utilizzare gli ultimi contributi in ambito psicologico, con particolare riferimento all’ambito della psicologia della comunicazione e delle Scienze Cognitive, il volume ha cercato di tenere conto degli apporti scientifici provenienti da altre discipline: sociologia, antropologia filosofica, linguistica, informatica, scienze dell’educazione e scienze della comunicazione.

Per questo, il volume si rivolge innanzitutto a psicologi che operano nel settore dei nuovi media ed hanno la necessità di comprendere a trecentosessanta gradi l’impatto di queste tecnologie sui processi individuali e sociali. Tuttavia non vuole limitarsi solo agli psicologi. Il volume è infatti destinato a tutti coloro che a qualche titolo - studiosi, studenti o professionisti – si devono confrontare con il mondo dei nuovi media.

La sfida di questo volume, che ha anche un sito di approfondimento, parte proprio da qui: riuscire a spiegare l’impatto dei nuovi media sulla nostra esperienza personale e relazionale in modo da essere comprensibile anche ai non addetti ai lavori. Per farlo, il volume affronta quattro temi: Identità, Relazioni, Presenza, Azione che verranno discussi nei prossimi post:

Trasparenza e Intuizione nei Nuovi Media

mercoledì, novembre 28, 2012

Positive Education: Educare i Bambini alla felicità










Nei post precedenti abbiamo discusso il concetto di Flow e la sua applicazione in ambito sportivo e aziendale oltre a introdurre il concetto di Networked Flow e il suo legame con la creatività.

Ma come questi concetti possono essere applicati ai nostri figli? Come il concetto di esperienza ottimale e quello di felicità possono essere utilizzati per educare al meglio chi ci è più caro?

Educare i bambini alla felicità si può ed è di fondamentale importanza per fare di loro persone solide, capaci di far fronte ad ogni accadimento della vita.

E' infatti questo l'obiettivo principale della Positive Educationun nuovo modello educativo basato sulla sinergia esistente tra le emozioni positive e l’apprendimento. Grazie ad esso è possibile usare l'esperienza ottimale per migliorare le performance scolastiche, il benessere psico-fisico e la determinazione a voler conseguire gli obiettivi prefissati.

Per presentare questa nuova visione, nata negli Stati Uniti, anche al pubblico italiano la Scuola di Palo Alto in collaborazione con la rivista BuoneNotizie.it ha organizzato un seminario gratuito il cui programma è indicato sotto. Per iscriversi premere qui.
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Programma della giornata

9:45-10:15
La relazione genitori-figli nell’infanzia: la creazione di una Base Sicura per la felicità

  • Il Sistema Motivazionale biologicamente innato
  • Il Sistema di attaccamento sicuro
  • Il ruolo del padre e della madre nella trasmissione di un approccio positivo
  • La costruzione della solidità e della flessibilità psicologica
Elena Besana – Psicologa, Psicoterapeuta
Roberto Bonanomi – Psicologo, Trainer della Scuola di Palo Alto


10:15-11:00
Dalla felicità all’esperienza ottimale: il concetto di Flow e il suo ruolo nel bambino

  • I fattori capaci di trasformare un’esperienza momentanea in uno stato psicologico ottimale
  • La concentrazione e la partecipazione come elementi caratterizzanti nell’esperienza di flow
  • L’equilibrio tra percezione della difficoltà della situazione e del compito e le capacità personali
  • Tecniche per aiutare il bambino a entrare e mantenere lo stato di flow

Giuseppe Riva – Psicologo, Docente di Psicologia della Comunicazione, Università Cattolica di Milano


11:00 – 11:15   coffee break


11:15-12:00
Il cervello degli adolescenti e la sua evoluzione

  • La neuroscienza del cervello degli adolescenti
  • Ormoni  e felicità
  • Il processo di apprendimento
Enrico Banchi – COO Scuola di Palo Alto

12:00-12:45
Insegnare il Benessere e la Felicità

  • Aiutare a comprendere le qualità personali, i punti di forza e le virtù nostre e dei nostri allievi
  • Trainati dal futuro, non guidati dal passato
  • Fitness emotivo, sociale, familiare, spirituale
  • Insegnare a insegnare la felicità
Marco Masella – Presidente Scuola di Palo Alto

Per iscrizioni

martedì, ottobre 16, 2012

Networked Flow: Come comprendere e creare gruppi creativi

Gaggioli, Riva, Milani e Mazzoni raccontano nel loro nuovo volume pubblicato da Springer come analizzare e sviluppare la Creatività di Rete


Per leggere altri post interessanti visita il mio blog

Il successo di Facebook e il crescente ruolo dei Social Network hanno reso evidente anche al grande pubblico l'importanza del concetto di Rete Sociale per comprendere e supportare i processi di comunicazione, anche commerciale, e di creatività.In particolare, se si analizza la storia dell’innovazione in diversi domini – scienza, arte, politica, letteratura – è possibile scoprire che la maggior parte dei grandi creativi faceva parte di comunità/reti di intellettuali con cui condividevano intuizioni e scoperte.

Al centro di queste reti creative si posizionano leader carismatici e visionari, che hanno la capacità di sintonizzarsi con i tempi e la cultura in cui vivono, sapendone cogliere le sfide e le opportunità. Le persone che circondano questi leader formano la «rete creativa» che li aiuta a sviluppare e diffondere le loro innovazioni.

Come supportare le reti creative in modo da ottimizzare il loro potenziale innovativo? Come utilizzare lenuove tecnologie – dai social network al Web 2.0 – per supportare questo processo?


In particolare il volume  (in lingua inglese: Networked Flow - Towards and understanding of Creative Flow) cerca di dare una risposta a queste domande facendo ampio riferimento a correnti di studio tipiche della psicologia sperimentale, sociale e culturale ed identificando nel «Networked Flow» il principale motore della creatività di rete. Secondo questo approccio, la condizione necessaria per lo sviluppo di una rete creativa è l’instaurarsi di un’esperienza ottimale di gruppo nella quale «l’intenzione soggettiva diventa collettiva, ovvero in grado di guidare l’azione dei membri del gruppo».

Il volume non si limita a sviluppare il concetto di «Networked Flow» come ponte tra i livelli neuropsicologico, psicologico e sociale che caratterizzano il processo creativo. 


 


Esso propone anche una metodologia – derivata dalla social network analysis – che offre un valido punto di partenza per estendere, attraverso la misurazione del processo creativo in rete, quelle procedure di studio della creatività tradizionalmente limitate all’ambito intrapersonale.
 


 

Inoltre, l’analisi delle nuove possibilità offerte dalle tecnologie collaborative del Web 2.0 suggerisce come il concetto del Networked Flow sia anche uno strumento utile per comprendere il potenziale che queste tecnologie hanno per la creatività online. 
 



Per chi non ama l'inglese esiste anche una versione precedente della riflessione teorica sul Networked Flow, NETWORKED FLOW: COMPRENDERE E SVILUPPARE LA CREATIVITÀ DI RETE, disponibile gratuitamente in formato PDF sul sito della Led on Line.

Per approfondire si veda anche l'articolo "Fostering Group Creativity" pubblicato sulla rivista Scientific American Mind: Pagina1 Pagina2

lunedì, ottobre 08, 2012

Come Creare Tecnologie Positive (Parte 2)

Usiamo la tecnologia che ci circonda per migliorare la qualità della nostra vita


Nei post precedenti abbiamo introdotto il concetto di "Tecnologia Positiva", quello di "Tecnologie Emotive" e iniziato ad analizzare come realizzare in generale delle Tecnologie Positive.

Tuttavia manca una parte più generale che introduca alla progettazione di tecnologie interattive. A questo proposito faremo riferimento al modello «PACT - Persone, Attività, Contesti, Tecnologie» recentemente proposto da David Benyon per la progettazione dei sistemi interattivi (vedi estratto sotto):



Nella visione di Benyon i designer di sistemi interattivi basati sui nuovi media hanno bisogno di capire:
  • quali persone useranno i sistemi e i prodotti che stanno progettando; 
  • le attività che gli utenti vogliono svolgere con essi e i contesti in cui le svolgeranno.
  • le caratteristiche delle tecnologie interattive in modo da sapernte valutare le opportunità e i limiti. 
E questo vale anche per le tecnologie positive. Il processo avviene attraverso queste fasi:
  • Comprensione: La fase di comprensione si occupa di ciò che deve fare il sistema (quali funzionalità deve avere e come deve adattarsi ad altri elementi) e dei requisiti del prodotto, del sistema o del servizio; 
  • Visualizzazione (envisionment): I designer devono essere in grado di visualizzare un progetto per dimostrare la fattibilità delle proprie idee e, nello stesso tempo, farle valutare da altre persone. Ciò avviene utilizzando «scenari», storie che narrano di utenti che usano il sistema in diversi contesti, e/o «personae», rappresentazioni concrete (nome, background, obiettivi e aspettative) dei diversi tipi di utenti per i quali si sta progettando il sistema o il servizio.
  • Design: Le attività di design riguardano sia il «design concettuale» sia il «design fisico». Mentre il primo si occupa della progettazione di un sistema da un punto di vista astratto (le informazioni e le funzioni necessarie per raggiungere l’obiettivo del sistema), il secondo si occupa di concretizzare le idee (i dettagli di funzionamento dell’interfaccia, con particolare riferimento agli aspetti visivi e alle modalità di interazione. 
  • Valutazione: Ogni attività di design è seguita da un’attività di valutazione. Tale valutazione può essere effettuata mediante il controllo di un elenco di requisiti, oppure mediante la verifica di un prototipo funzionante da parte dei futuri utenti del sistema.
Più in specifico, il processo che può portare alla creazione di una tecnologia positiva è il seguente:
  1. Identificare i bisogni/intenzioni per cui il servizio può rappresentare un’opportunità facendo riferimento a specifiche tipologie di utente e alle loro modalità di utilizzo (personae e scenari); 
  2. Identificare i processi che permettono agli utenti di utilizzare il servizio per per soddisfare le proprie intenzioni (design concettuale); 
  3. Trasformare tale rappresentazione astratta in concrete soluzioni di design (design fisico) definendo la conoscenza, i compiti e le attività che gli utenti dovranno mettere in gioco durante la fruizione del servizio; 
  4. Confrontare le capacità/dotazioni richieste per ciascun processo con quelle presumibilmente presenti nell’utente tipico. In caso di differenze significative, modificare il processo fino a renderlo compatibile con le caratteristiche dell’utente; 
  5. Sviluppare un prototipo completo di tutti i processi e tarato sulle capacità e sul contesto d’uso dell’utente tipico: 
  6. Verificare mediante prove d’uso situate, cioè rappresentative dei diversi contesti d’uso, le strategie e le azioni messe in pratica dall’utente tipico in ciascun processo e il livello di presenza sperimentato; 
  7. Identificare le difficoltà sperimentate e modificare il prototipo fino a quando l’utente tipico non è in grado di completare con successo, e con un elevato livello di presenza, tutti i processi. 
  8.  
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Per approfondire il concetto di Tecnologia Positiva:

Tecnologia Positiva: Che cos'è
Come Creare Tecnologie Positive (Parte 1)
Come Creare Tecnologie Positive (Parte 2)
Tecnologia Positiva in Pratica: Il progetto Interstress
Tecnologia Positiva in Pratica: Le tecnologie emotive
     

giovedì, ottobre 04, 2012

Come Creare Tecnologie Positive (Parte 1)

Usiamo la tecnologia che ci circonda per migliorare la qualità della nostra vita


In uno dei post precedenti abbiamo introdotto il concetto di "Tecnologia Positiva". Ma come si possono creare tecnologie positive?

La psicologia positiva [Keyes e Haidt 2003; Keyes e Lopez 2002] sostiene che il funzionamento positivo è una combinazione di tre tipi di benessere:
  1. benessere prevalentemente emotivo; 
  2. benessere prevalentemente psicologico; e 
  3. benessere prevalentemente sociale 
In altre parole, la psicologia positiva identifica tre caratteristiche della nostra esperienza personale – qualità affettiva, coinvolgimento/realizzazione e relazione – che servono a migliorare il benessere personale.

A partire da questa riflessione la Tecnologia Positiva a sua volta si suddivide in tre diverse aree
  1. Tecnologie Edoniche:le tecnologie usate per indurre esperienze positive e piacevoli; 
  2. Tecnologie Eudaimoniche: le tecnologie usate per aiutare gli individui nel raggiungimento di esperienze coinvolgenti e auto-realizzanti; 
  3. Tecnologie Sociali/interpersonali: le tecnologie usate per aiutare e migliorare l’integrazione sociale e/o le connessioni sociali tra individui, gruppi e organizzazioni.
Dal punto di vista tecnologico la Tecnologia Positiva si poggia sul diverse tecnologie esperienziali: affective computing, persuasive computing, serious gaming, realtà virtuale e augmented reality.

Infatti, la tecnologia positiva interviene sulle caratteristiche dell'esperienza, cercando di realizzare delle esperienze ottimali (flow) usando la tecnologia in tre diverse modalità:
  • Strutturando l'esperienza utilizzando un obiettivo, delle regole e un sistema di feedback. L'obiettivo fornisce uno scopo, orientando l'attenzione e la partecipazione del soggetto all'esperienza. Le regole, modificando il percorso per raggiungere l'obiettivo, spingono il soggetto ad osservare l'esperienza in modi diversi. Il sistema di feedback permette al soggetto di comprendere quanto si stia avvicinando, o meno, al raggiungimento dell'obiettivo, agendo come supporto alla motivazione.
  • Aumentando l'esperienza, con elementi multimodali. La tecnologia consente esperienze multisensoriali e l'inserimento di oggetti virtuali in situazioni reali attraverso la realtà aumentata. 
  • Sostituendo l'esperienza reale con una sintetica. Utilizzando la realtà virtuale è possibile simulare una presenza fisica in un mondo sintetico, che reagisce alle azioni del soggetto come se fosse realmente presente.
Per un approfondimento di questi temi si consiglia la lettura dell'ultimo numero della rivista Cybertherapy & Rehabilitation disponibile sotto:

Tecnologia Positiva in pratica: Il progetto europeo INTERSTRESS

Usare cellulare e realtà virtuale per misurare e combattere lo stress lavoro-correlato




Non sarebbe bello se abbassare il nostro livello di stress fosse semplice e divertente come giocare a un videogame? E se questo videogame ci permettesse di guadagnare in benessere e qualità della vita adattandosi direttamente ai nostri comportamenti e abitudini?

Questa è la visione di un nuovo progetto finanziato dalla Comunità Europea ICT for Health. Interrealtà nella gestione e il trattamento dei disturbi legati allo stress o, abbreviato, INTERSTRESS.

Il progetto si propone di ideare, sviluppare e testare una soluzione di Tecnologia Positiva per la verifica e il trattamento dello stress psicologico basata sul concetto di "interrealtà".

L' “interrealtà” si può definire come un' ’’esperienza ibrida che faccia da ponte tra il mondo fisico e quello virtuale in un continuum ideale”. Il video sotto chiarisce meglio il concetto.



Attraverso di essa diventa possibile integrare la misurazione e il trattamento dello stress all'interno di un'esperienza di potenziamento (empowerment), che fonde il mondo fisico con quello virtuale in una esperienza unica secondo questo schema:
  • I comportamenti nel mondo reale infuenzano l'esperienza nel mondo virtuale;
  • I comportamenti nel mondo virtuale influenza l'esperienza nel mondo reale.
Questo avviene grazie all'integrazione tra diverse tecnologie come realtà virtuale, biosensoristica e telefonia mobile:
  1. Realtà Virtuale: la valutazione e la gestione dello stress avvengono esperienze di ruolo all'interno di scenari virtuali tridimensionali dove gli utenti possono interagire e affrontare situazioni stressanti come imparare a dire di no, collaborare con altri, gestire la mancanza di tempo e così via.
  2. Biosensori e rilevatori del movimento (dal mondo reale a quello virtuale);
  3. Applicazioni Mobili (dal mondo virtuale a quello reale).
In altre parole, il nostro comportamento nella vita quotidiana influenzerà quello all’interno dei mondi virtuali proposti dall’applicazione e viceversa, in un modo unico e fortemente personalizzato.

Partner:
Istituto Auxologico Italiano – (Italia)
FIMI – (Italy)
Virtual Reality & Multimedia Park – (Italy)
Università di Pisa – (Italia)
Create-NET – (Italia)
Centre for Research and Technology Hellas – (Grecia)
Starlab Barcelona – (Spagna)
Universität Passau – (Germania)
Virtual Reality Medical Institute – (Belgio)
Universität Basel – (Svizzera)
Consiglio Nazionale delle Richerche – (Italia)

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Per approfondire il concetto di Tecnologia Positiva:

Tecnologia Positiva: Che cos'è
Come Creare Tecnologie Positive (Parte 1)
Come Creare Tecnologie Positive (Parte 2)
Tecnologia Positiva in Pratica: Il progetto Interstress
Tecnologia Positiva in Pratica: Le tecnologie emotive


Tecnologia Positiva: Che cos'è


La tecnologia, quando ci aiuta a migliorare le caratteristiche della nostra esperienza personale, smette di essere un problema e diventa un'opportunità importante


Nei post di questo blog abbiamo visto come le tecnologie per l'informazione e la comunicazione, diventando delle esperienze, stiano diventando sempre più presenti nella vita quotidiana delle persone. 

Ma in che modo questa trasformazione della tecnologia può essere utile al benessere delle persone? Come riuscire ad utilizzare le tecnologie esperienziali per promuovere la crescita personale e sociale? 

Il tentativo di offrire una risposta a queste domande viene da una disciplina emergente, la «Tecnologia Positiva» (TP), che può essere definita come [Riva et al. 2012 - Scarica l'articolo completo in PDF]: 

Un approccio scientifico applicativo che usa la tecnologia per modificare le caratteristiche della nostra esperienza personale - strutturandola, aumentandola o sostituendola con ambienti sintetici - al fine di migliorare la qualità della nostra esperienza personale, e aumentare il benessere in individui, organizzazioni e società. (p. 69).

Il quadro teorico psicologico su cui poggia la Tecnologia Positiva [Botella et al. 2012 - Scarica l'articolo completo in PDF; Wiederhold e Riva 2012 - Scarica l'articolo completo in PDF] è la «Psicologia Positiva», una recente paradigma psicologico i cui fini generali sono conoscere le virtù e le capacità umane, e promuovere queste capacità per permettere ad individui, comunità e società di progredire.

Nel video sotto, Martin Seligman, autore del volume "La costruzione della felicità" racconta che cos'è la Psicologia Positiva:



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Per approfondire il concetto di Tecnologia Positiva:

Tecnologia Positiva: Che cos'è
Come Creare Tecnologie Positive (Parte 1)
Come Creare Tecnologie Positive (Parte 2)
Tecnologia Positiva in Pratica: Il progetto Interstress
Tecnologia Positiva in Pratica: Le tecnologie emotive

Flow in pratica: come utilizzarlo nello sport e in azienda



Il nuovo libro che spiega come misurare ed utilizzare il flow in diversi contesti applicativi

Gli studi sul flow, concetto introdotto dallo psicologo Mihaly Czikszentmihalyi (vedi sotto il suo video in cui spiega il concetto per TED) nascono con l’obiettivo di analizzare i fattori capaci di trasformare un’esperienza momentanea in uno stato psicologico ottimale che consente di ottimizzare la performance del soggetto.



A caratterizzare l'esperienza di flow è un elevato livello di concentrazione e di partecipazione all'attività, l'equilibrio fra la percezione della difficoltà della situazione e del compito (challenge) e le capacità personali (skills), la sensazione d'alterazione temporale (l'orologio interno rallenta, mentre l'orologio esterno accelera), un senso di piacevolezza e soddisfazione.

Nonostante il tema sia molto popolare e utilizzato nel mondo anglosassone anche in ambito lavorativo (vedi per esempio il libro Good Business: Leadership, Flow, and the Making of Meanings) non sono disponibili testi in lingua italiana che oltre a descrivere il concetto ne permettano un utilizzo pratico.

Per superare questo problema, il recente volume Flow, benessere eprestazione eccellente. Dai modelli teorici alle applicazioni nello sport e in azienda di Marisa Muzio, Giuseppe Riva e Luca Argenton  (vedi estratto sotto):




si pone un triplice obiettivo: 
  1. presentare al lettore le caratteristiche e i determinanti delle esperienze ottimali;  
  2. introdurre e presentare alcuni dei principali strumenti disponibili in italiano per la valutazione del flow
  3. descrivere e analizzare le possibili applicazioni delle esperienze ottimali e dei diversi strumenti di misura in due specifici ambiti applicativi quali lo sport, individuale e di squadra, e il mondo aziendale.