mercoledì, novembre 19, 2014

L'engagement per la Creazione di Tecnologie Trasformative

Come usare le tecnologie per renderci migliori e aumentare la nostra qualità della vita


Nella storia dell’interazione uomo-computer è possibile identificare un trend costante: rendere l’interazione con i nuovi media il più possibile simile a quella che ciascuno di noi ha all’interno di un ambiente reale. In altre parole, renderci "presenti" all'interno dell'interazione con la tecnologia.

E questo ha reso i contenuti tecnologici sempre più delle esperienze aumentandone l’impatto sulla vita quotidiana delle persone. Ma in che modo questa trasformazione può essere utile al benessere delle persone? Come riuscire ad utilizzare la dimensione esperienziale della tecnologia per promuovere la crescita personale e sociale?

A questa domanda ho cercato di rispondere nel mio keynote allo WUD Torino 2014.

L'intervento, le cui slide sono riportate sotto, identifica nella disciplina della tecnologia positiva e nel concetto di engagement gli elementi chiave per creare delle "Tecnologie Trasformative" in grado di migliorare significativamente la nostra esperienza personale.



La «Tecnologia Positiva» (TP) è una disciplina emergente, che può essere definita come [Riva et al. 2012 - Scarica l'articolo completo in PDF]:
Un approccio scientifico applicativo che usa la tecnologia per modificare le caratteristiche della nostra esperienza personale - strutturandola, aumentandola o sostituendola con ambienti sintetici - al fine di migliorare la qualità della nostra esperienza personale, e aumentare il benessere in individui, organizzazioni e società. (p. 69).
Il quadro teorico psicologico su cui poggia la Tecnologia Positiva [Botella et al. 2012 - Scarica l'articolo completo in PDF; Wiederhold e Riva 2012 - Scarica l'articolo completo in PDF] è la «Psicologia Positiva», una recente paradigma psicologico i cui fini generali sono conoscere le virtù e le capacità umane, e promuovere queste capacità per permettere ad individui, comunità e società di progredire.

Nel video sotto, Martin Seligman, autore del volume "La costruzione della felicità" racconta che cos'è la Psicologia Positiva:
Per approfondire il concetto di Tecnologia Positiva:

Come Creare Tecnologie Positive (Parte 1)
Come Creare Tecnologie Positive (Parte 2)
Tecnologia Positiva in Pratica: Il progetto Interstress
Tecnologia Positiva in Pratica: Le tecnologie emotive

Invece il concetto di "engagement" (coinvolgimento) ha il suo referente psicologico nel concetto di "esperienza ottimale" o "flow". Gli studi sul flow, concetto introdotto dallo psicologo Mihaly Czikszentmihalyi (vedi sotto il suo video in cui spiega il concetto per TED) nascono con l’obiettivo di analizzare i fattori capaci di trasformare un’esperienza momentanea in uno stato psicologico ottimale che consente di ottimizzare la performance del soggetto.



A caratterizzare l'esperienza di flow sono tre caratteristiche: l'essere un processo intuitivo caratterizzato da un elevato livello di concentrazione e di partecipazione all'attività (presenza) e dall'equilibrio fra la percezione della difficoltà della situazione e del compito (challenge) e le capacità personali (skills). A caratterizzare l'esperienza di flow è anche la sensazione d'alterazione temporale (l'orologio interno rallenta, mentre l'orologio esterno accelera) associata ad un senso di piacevolezza e soddisfazione.

Nonostante il tema sia molto popolare e utilizzato nel mondo anglosassone anche in ambito professionale/marketing (vedi per esempio il libro Good Business: Leadership, Flow, and the Making of Meanings e le slide sotto),



l'unico volume disponibile in italiano è il recente Flow, benessere e prestazione eccellente. Dai modelli teorici alle applicazioni nello sport e in azienda.

Psicologia dei Selfie. Come e perché i selfie sono diventati parte centrale della nostra vita sociale

I risultati preliminari di una ricerca realizzata in Università Cattolica in collaborazione con Fondazione IBSA 


Come e perché usiamo i selfie? Quali sono i tratti psicologici più legati all'uso di questo strumento comunicativo? Per rispondere a queste domande il Laboratorio di Interazione Comunicativa e Nuove Tecnologie (LICENT) dell'Università Cattolica ha realizzato una ricerca con Fondazione IBSA.

I risultati preliminari sono stati presentati all'interno del workshop "Mente e social media: come cambia l’individuo?", un incontro tra studiosi ed esperti internazionali dei social media per discutere l’impatto di tali tecnologie nelle nostre vite e, soprattutto, affrontare il tema se esse abbiano un ruolo, o meno, nel modificare la nostra individualità.

La ricerca, sebbene non ancora terminata, ha già ottenuto risultati preliminari interessanti presentati in dettaglio nelle slide allegate e discussi sotto.



150 partecipanti (35% maschi, 65% femmine), con età media di 32 anni, hanno completato un questionario sui dati anagrafici; uno sul loro utilizzo di social media, sull’attività del selfie e sulle motivazioni associate ad esso; il questionario Big Five Inventory per la misurazione dei tratti di personalità.

Per quanto riguarda il primo obiettivo di ricerca, è emerso che gli scopi riconosciuti all’attività del selfie sono soprattutto “far ridere e divertire gli altri” (39%), “vanità” (30%) e “raccontare un momento della propria vita” (21%). Quanto ai motivi per cui le persone si fanno i selfie, emerge che se li fanno non tanto per esprimere come sono o come si sentono (identità, aspetti interiori) bensì per raccontare agli altri con chi sono, dove sono e cosa stanno facendo (aspetti esteriori).

Rispetto al secondo obiettivo di ricerca, le donne si fanno notevolmente più selfie degli uomini, e risultano più interessate alle motivazioni interiori (“mi faccio selfie per mostrare come sono e come mi sento”). Inoltre, affermano di sperare maggiormente di ricevere commenti positivi dagli amici sui social network, e anche di temere maggiormente di ricevere commenti negativi dagli altri.

Arrivando all’ultima domanda di ricerca, sono tre gli aspetti della personalità che risultano associati all’attività del selfie:
  1. Le persone che si fanno selfie, rispetto a coloro che non se li fanno, appaiono significativamente più estroverse (ovvero più socievoli ed entusiaste, caratterizzate da elevate capacità sociali) e più coscienziose (ovvero più caute e capaci di controllarsi, con la tendenza a pianificare le proprie azioni piuttosto che ad agire di impulso). 
  2. Inoltre, essere molto estroversi si associa a un maggior utilizzo dei selfie per mostrare agli altri “come ci si sente”, mentre essere molto coscienziosi si associa al non essere particolarmente interessati ai commenti degli altri ai propri selfie, positivi o negativi che siano. 
  3. Da ultimo, il tratto del neuroticismo o instabilità emotiva (tipico di persone che tendono a provare emozioni negative come rabbia e tristezza, sovente diffidenti nei confronti degli altri) si associa significativamente all’essere particolarmente preoccupati dalla possibilità di ricevere commenti negativi.
Altre letture con cui approfondire questo argomento sono:

The Psychology of the Selfie: Why self-curated images make us feel closer to each other, and to celebrities

Scholarly Reflections on the Selfie

The Phenomenon of the Selfie

The Social Psychology of the Selfie


Nativi Digitali: Crescere ed apprendere nel mondo dei nuovi media

Look at me: Georgia researchers are studying our selfie obsession